Sabbi Diana (1922-2005)

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COGNOME Sabbi
NOME Diana
DATA DI NASCITA 29/07/1922
LUOGO DI NASCITA Pianoro (BO)
DATA DI MORTE 02/02/2005
LUOGO DI MORTE Pianoro (BO)
STATO CIVILE nubile
TITOLO DI STUDIO Licenza media
PROFESSIONE sarta
APPARTENENZA POLITICA comunista
ISCRIZIONE A UN PARTITO Partito comunista italiano
ORGANIZZAZIONE SINDACALE Cgil: Camera del lavoro di Bologna; Federazione lavoratori dell'abbibliamento; Federmezzadri; Cgil Emilia-Romagna; Federazione lavoratori dei trasporti; Federazione Enti locali; Sindacato pensionati
LUOGHI DI ATTIVITÀ Bologna, Monterenzio (BO), Pianoro (BO)
 
PROFILO BIOGRAFICO

Diana Sabbi nacque a Pianoro, alle porte di Bologna, nel 1922. La madre era sarta, il padre birocciaio. Si trattava di una famiglia di orientamento socialista e comunista, all'interno della quale si faceva attiva opposizione al regime fascista, aspetto che influì significativamente sulla formazione politica di Diana. Per via delle ristrettezze economiche, Diana frequentò la scuola fino alla quinta elementare, conclusa la quale, come tutte le donne della sua famiglia, fu avviata alla professione di sarta. Negli anni trascorsi in sartoria come apprendista, sperimentò lo sfruttamento tipico di quella professione: lunghissimi orari di lavoro per un salario di poco conto, senza un contratto regolare. Questa esperienza la spinse, appena diciottenne a proseguire il lavoro di sarta in proprio, assumendo giovani aiutanti e avvalendosi della collaborazione di altre donne della sua famiglia.

Dopo l'armistizio del settembre 1943, Diana entrò a far parte dell'organizzazione del movimento partigiano del suo paese natale insieme allo zio, alla zia, al padre e alla sorella. Inizialmente distribuì stampa clandestina e volantini, poi da luglio del 1944 fece consegne di armi, denaro, ordini e altri materiali scritti alla 62ª brigata Garibaldi Camicie Rosse. Quando la brigata si allontanò dal paese Diana Sabbi si unì alla formazione e si spostò a Casoni di Romagna e, in seguito, a Ca' del Vento. Diana, avendo come donna più libertà di movimento, era incaricata di trasportare armi, munizioni, materiale sanitario, ordini, e di andare in avanscoperta per individuare le basi in cui fermarsi o i percorsi da seguire durante gli spostamenti; inoltre le fu assegnata una rivoltella e prese anche parte a degli scontri. Facendo vita di brigata, acquisì maggiore consapevolezza politica e aderì idealmente al socialismo e al mito dell'Urss. Nell'autunno del 1944 la brigata fu divisa in due gruppi, uno destinato a scendere verso la città di Bologna e l'altro a passare le linee dirigendosi verso Sud; Diana seguì il primo gruppo a Bologna, dove fu aggregata ad un distaccamento della 7ª brigata Gap. Si trovava con i suoi compagni nella zona di Porta Lame al momento del rastrellamento fascista e nazista e degli scontri del 7 novembre 1944. Sfuggita alla cattura, fu addetta ai collegamenti tra la 7ª Gap e il Comando unico militare Emilia Romagna. Riconosciuta partigiana con il grado di capitano, fu insignita della medaglia d’argento al valore militare.

All'indomani della Liberazione, Diana proseguì il suo impegno politico nell’Unione ragazze italiane, affiliata all'Unione donne italiane, iscrivendosi contestualmente al Partito comunista italiano. Nel 1946, entrò alla Camera del Lavoro di Pianoro come impiegata, occupandosi in particolare della contabilità della Lega dei birocciai, una delle più forti del territorio.

Nel 1948-1949 frequentò, su invito di Vittorina Dal Monte, un corso di tre mesi presso la scuola del Pci di Bologna, a seguito del quale divenne funzionaria del Sindacato dei lavoratori dell’abbigliamento di Bologna, entrando a far parte sia del Comitato direttivo, che della Segreteria della categoria. Furono anni di forte impegno e di formazione sindacale, maturata nelle numerose lotte sindacali per il rinnovo del contratto di lavoro e contro i licenziamenti per rappresaglia politico-sindacale che segnarono Bologna e la sua provincia. Mantenne l'incarico nella Federazione lavoratori dell'abbigliamento fino al 1951 quando, su invito di Onorato Malaguti, Segretario generale della Camera del Lavoro di Bologna, divenne responsabile della Commissione femminile della confederazione. Il suo impegno fu rivolto soprattutto al miglioramento delle condizioni delle donne lavoratrici, alla battaglia per l’applicazione della legge sulla maternità, alla lotta sulla parità salariale, al miglioramento dei servizi per l’infanzia.

Diana fu la prima donna a entrare nella Segreteria della Camera del Lavoro di Bologna nel periodo successivo alla Liberazione, e vi rimase dal 1952 al 1956. In quegli stessi anni, la sua formazione politica maturò ulteriormente, grazie alla frequentazione della scuola centrale femminile del Pci che aveva sede a Faggeto Lario, in provincia di Como. Nel 1955, conclusa la sua esperienza come responsabile della Commissione femminile della Camera del Lavoro, divenne Segretaria provinciale dell’Udi di Bologna. In occasione delle elezioni amministrative del 1956, venne eletta presso il Consiglio provinciale di Bologna tra le fila del Pci e fu nominata assessore alla maternità e infanzia, incarico che mantenne, tuttavia, solo fino al 1958, data in cui le subentrò Tilde Bolzani. In quegli stessi anni, frequentò la scuola centrale del Pci delle Frattocchie a Roma.

Terminata l'esperienza di consigliera provinciale, nel 1960 tornò al sindacato come funzionaria della Federmezzadri, divenendo responsabile della Commissione femminile ed entrando a far parte della Segreteria della categoria. Mantenne l'incarico fino al 1966, quando entrò nuovamente nella Segreteria della Camera del Lavoro,e divenne contestualmente Segretario generale del sindacato provinciale dell'abbigliamento, proprio nel periodo in cui era in corso l'unificazione con il sindacato dei tessili.

Con la nascita della Cgil Emilia-Romagna, avvenuta con il Congresso costitutivo del 1973, Diana proseguì la sua attività come funzionaria della struttura regionale, entrando a far parte della rispettiva Segreteria. Negli anni Settanta, si occupò in particolare del settore della sanità e dei trasporti all'interno  della Federazione degli enti locali, contribuendo poi al processo di unificazione che portò alla costituzione della Federazione Italiana Lavoratori dei Trasporti.

Dal 1981 al 1989, ormai in pensione, fu componente della Segreteria del Sindacato Pensionati (Spi) di Bologna e, negli anni Novanta, proseguì il suo impegno sindacale e politico collaborando sia con lo Spi che con l’Anpi.

Morì a Pianoro nel 2005.

 
FONTI E BIBLIOGRAFIA

Fonti archivistiche

  • Associazione Paolo Pedrelli (Bologna) – Archivio storico sindacale, Archivio della Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil), Camera del lavoro di Bologna.
  • Associazione Paolo Pedrelli (Bologna) – Archivio storico sindacale, Progetto Memoria Orale, Diana Sabbi. 
  • Università degli Studi di Bologna, Dipartimento Storia Culture Civiltà, Archivio della memoria delle donne, Diana Sabbi.

Bibliografia

  • Luigi Arbizzani,  Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese, vol. V, Dizionario biografico R-Z, Bologna, Comune di Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1998, ad nomen.
  • Testimonianza di Diana Sabbi, in Bergonzini Luciano, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. III, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1970, pp. 340-344.
  • Flavia Pesce, Diana Sabbi, in  È brava, ma… Donne nella Cgil 1944-1962,  a cura di Simona Lunadei, Lucia Motti, Maria Luisa Righi, Roma, Ediesse, 1999, 415-421.
  • Provincia di Bologna - Assessorato alle Pari Opportunita, Donne e resistenza: il riconoscimento del valore. Dall'archivio della memoria delle donne. Diana Sabbi: il racconto di una scelta, Bologna, Edizioni Provincia di Bologna, 2006.
 
IMMAGINI
 
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CREDITS
scheda compilata da: Simona Salustri e Eloisa Betti